Cianfrusaglie

Riflessioni di fine anno 2020: The Ch-ch-ch-ch-changes Edition

C’è davvero bisogno, in questo anno così anomalo, di mettere giù qualche riga per farne la sintesi e tirare le somme? – me lo chiedo riguardando le foto nella galleria del telefono e gli appunti presi ogni tanto, nel tentativo di mettere insieme qualcosa di cui valga la pena parlare. A primo acchito, scorrendo un po’ superficialmente e leggendo veloce, non sembra poi che nella mia comunissima vita sia successo granché, in questi dodici mesi quasi trascorsi. Non che ci si possa aspettare poi chissà cosa, tutti abbiamo ben chiara la situazione che il mondo sta vivendo dalla metà di febbraio, e per la maggior parte di noi è forse possibile tracciare un disegno comune di come siano state le nostre giornate durante la pandemia. Eppure, in realtà, per molti versi è stato un anno pienissimo e ricco di cose da ricordare, dal mio personale punto di vista. È stato un anno di cambiamenti. Tutte le nostre abitudini, ed ovviamente anche le mie, sono state stravolte e son dovuto passare dallo stare spesso in giro – per lavoro o per piacere – al restare chiuso dentro casa, a lavorare in “modalità agile” anche quando i vari periodi di restrizione generalizzata erano terminati. Nell’impossibilità di correre all’aperto (e non avendo alcuna intenzione di trasgredire le regole) nei primissimi giorni di restrizioni di spostamento ho acquistato un Tapis Roulant, un oggetto che mai avrei pensato potesse entrare a far parte della mia quotidianità, e grazie ai video di corse in prima persona girati da altri matti come me, sopra quella cinghia nera ho corso di nuovo a New York, a Londra, ad Oslo e in decine di altri posti del mondo. La mia quotidiana ora (o poco più a volte) di corsa sul Tapis mi ha aiutato a non perdere la ragione e dimenticarmi per un po’ della preoccupazione per la salute delle persone che amo, che in quei giorni era il mio pensiero ricorrente. Dopo quei primi due mesi, quando pareva si potesse tornare a vivere con una parvenza di normalità, continuai comunque a lavorare prevalentemente da casa, fino all’estate inoltrata. Un altro cambiamento mi attendeva al caldo di Luglio. Per trentaquattro anni della mia vita sono stato uno studente, per un motivo o per l’altro, in maniera più o meno proficua (fortunatamente più volte proficua che non). A metà Luglio, dopo tre anni di corso, ho conseguito la Specializzazione in Ispezione degli alimenti – in modalità videoconferenza, con camicia e cravatta, giacca e… pantaloncini! –, e per il momento penso di averne abbastanza (ma chissà, in futuro, che non cambi idea). È stata un’esperienza formativa che mi ha arricchito sia dal punto di vista delle competenze lavorative che da quello personale, consentendomi di incontrare nuovi colleghi, approfondire la conoscenza con altri e rinsaldare alcune amicizie che vanno avanti ormai da venti anni, quando per la prima volta attraversai il cancello del palazzo rosso di via Vienna a Sassari. Dopo vent’anni in cui attraversare quel cancello era diventato la quotidianità, infine, da qualche mese a questa parte la successione degli avvenimenti mi ha condotto anche a cambiare lavoro principale. Quest’ultimo aspetto direi che si possa considerare come il cambiamento più grande di questo duemilaventi, almeno per quel che mi riguarda ovviamente, ma è solo la punta di questo iceberg pieno di mutamenti che è stato l’anno quasi trascorso. Anche per questo non è stato un anno di pensieri sempre tranquilli, ma ho sempre portato avanti un’idea (e ancora la porto avanti) in questi lunghi mesi: preferisco il dover rinunciare a mangiare qualcosa di più ricercato o visitare un posto nuovo, cambiare lavoro o anche star fermo per un po’, piuttosto che sapere qualche persona che amo colpita dalla pandemia, perché dalla carenza di denaro e dalla povertà ci si può riprendere, se ci si rimbocca le maniche, se non si ha paura del lavoro e si ha buona volontà. Questa idea la tengo ben stretta già da tempo, e forse è una delle poche cose che il duemilaventi non è riuscito a farmi cambiare.
Lo scorso anno, un anno che se paragonato a questo potremmo definire persino banale e comune, mi auguravo e ci auguravo di poter avere molte panchine da cui guardare il mondo, in compagnia delle persone che amiamo. È un augurio che vorrei fare anche per il duemilaventuno che sta per cominciare, perché significherebbe che finalmente le cose si sono sistemate per tutti noi, e che i cambiamenti che sicuramente ciascuno di noi ha dovuto attraversare sono davvero stati utili per farci diventare persone migliori. Che poi è sempre la cosa più importante da perseguire.
Buon anno nuovo a tutti noi, che sia pieno di cose belle e da ricordare.

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