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Aveva provato a stringere i denti e trattenersi, ma non appena l’ago trapassò la pelle, ormai indurita dalle molte, piccole cicatrici, si lasciò andare in un sospiro liberatorio, e dal canto laterale del suo occhio sinistro scese una lacrima.
– Signor Polo, esagerato! Le ho fatto così male?
– No, male, no no. È la… La tensione, sì, non che fa male.
– La prossima volta proviamo sulla mano se vuole, magari riusciamo prima. È che lei ha la pelle dura, questo è. Tutte le volte la stessa storia, lei mi nasconde la vena e io devo bucare due volte!
Guardò il soffitto bianco sbiadito dagli anni per alcuni secondi, poi, seguendo con lo sguardo il percorso dell’impianto di condizionamento, immaginò come sarebbe potuta essere la sua vecchiaia, se il suo sangue non fosse stato tanto denso.
– Sa, mia nuora non può avere figli, quindi forse ci adottano un nipotino, per mia moglie, sa. Lei lo desidera tanto, è da quando si sono sposati che glielo dice di farsene uno, cioè, glielo diceva, poi invece Luisa un giorno, come gli ha chiesto se avevano un figlio in cantiere, s’è messa a piangere, che avevano fatto le analisi e lei ha una cosa che non può avere figli, che non stanno più di un mese e poi ha l’aborto spontaneo. Non sapeva cosa dire mia moglie, e pure lei allora s’è messa a piangere, e io me ne sono andato dalla cucina che non sapevo proprio cosa fare, e poi, ho pensato, se nasce anche lui con il cuore che non funziona bene, come me e mio figlio? Forse è meglio che non ne possano avere, allora.
E quindi adesso ci adottano un nipotino, anzi, forse due, che sono fratello e sorella e forse glieli danno tutti e due. Polacchi sono. Deve vederli, biondi biondi come Gesù, ma glieli danno solo due mesi all’anno per l’estate e ancora non gli hanno dato il permesso di adottarli, ma forse a Dicembre arrivano. Speriamo per loro, e per mia moglie che lei li vuole da tanto, ha tutte le foto in camera già, e quando sono a casa sembra che è di nuovo giovane. Quarantadue anni che siamo sposati al mese prossimo. Sono tanti, eh? Quanti anni ha lei, dottorè?
– Ne faccio trentanove a novembre, ma sembro più giovane, no?
Guardò la donna accennando un sorriso, e, come se stesse facendo uno sforzo enorme, diede un paio di colpi di tosse, e disse Si, più giovane dottorè, più giovane, e si rimise a guardare il soffitto restando in silenzio per qualche secondo.
– Dottorè, mi sta facendo male, mi tira, mi fa… mi sta tirando il braccio.
– Adesso finiamo e le faccio il massaggio col gel, non si preoccupi, le passa subito. Le altre volte non le è passato subito? Vedrà che le passa, non si spaventi.
– No, non mi spavento no, è… – fece una smorfia di dolore aggrottando le ciglia, e nuovamente cadde una lacrima dal suo occhio sinistro – è che non ne ho più voglia dottorè.
– Eh, signor Polo, lo sa che dobbiamo farlo ogni settimana, su, non stia così.
Tra le feritoie del condizionatore si intravedeva la ventola girare lentamente. Pensò ai due bambini biondi che a dicembre sarebbero arrivati a casa, e nessuno dei due aveva problemi al cuore. Li immaginava correre nella piccola campagna dove aveva gli ulivi, e ritornare sudati e felici per mangiare la crostata fatta dalla moglie. Lui li avrebbe seguiti con lo sguardo dalla sua sedia di vimini, e sarebbe stato contento di sentire le loro voci quando, prima di tornare a casa con il figlio e la nuora, salutando sua moglie, le avrebbero detto "Ciao, nonna".
Scese un’altra lacrima dal suo occhio sinistro, ma stavolta, ad accompagnarla, non c’era alcuna smorfia. Solo un leggero sorriso da sognatore.